Nel mondo in cui viviamo, gli eroi non esistono solo nei fumetti o al cinema. Sono in mezzo a noi. E sono più numerosi di quanto possiamo pensare. Semplicemente non riusciamo a vederli fino a quando non decidono di entrare in azione. Li immaginiamo dotati di incredibili superpoteri, strizzati nei loro costumi e con una maschera a proteggerne l’identità.
In realtà, la migliore definizione di questi individui l’ha data lo scrittore Joseph Campbell: un eroe è un normale essere umano che fa la migliore delle cose nella peggiore delle circostanze. Ecco perché oggi sono qui a raccontarvi di Luciano D’Agostino, sedici anni il prossimo 9 maggio, un titolo italiano in bacheca con l’otto junior della Canottieri Napoli, e un futuro ancora tutto da scrivere. A remi naturalmente.
Storia di canottaggio e coraggio
Ma nel mondo in cui viviamo, anche i cattivi non esistono solo nei fumetti o al cinema. Purtroppo. E così, capita che una normale serata a passeggio tra le vie della movida di Napoli si trasformi in un incubo. Perché il mondo è un posto pericoloso non a causa di quelli che compiono azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza fare nulla. Parola di Albert Einstein. Così, Luciano non ci ha pensato due volte quando è intervenuto per difendere due compagne di classe, infastidite da una decina di giovani.
Però, non c’erano superpoteri ad aiutarlo. Così è stato circondato, picchiato e mandato all’ospedale con una frattura al setto nasale e 25 giorni di prognosi. Lasciamo perdere ogni commento relativo agli audaci che affrontano le questioni 10 contro 1, continuando a dare colpi anche quando l’avversario è a terra. Non tocco con le parole chi mi fa schifo solo pensare. Dico solo che nel mondo alla rovescia in cui viviamo, la normalità diventa eccezione e un ragazzo che decide di non voltare lo sguardo davanti a un sopruso si trasforma in un eroe.
Ed è un giovane canottiere. Un caso? Non credo. Piuttosto una scelta. Quella dei genitori di Luciano, di crescerlo ed educarlo secondo i valori di uno tra gli sport più nobili che esistano. Fatto di disciplina, duro lavoro, generosità e rispetto. Valori che ti insegnano a distinguere un equipaggio da un branco. E la scelta di Luciano stesso, nell’accettare le regole della casa del remo e farle proprie, anche quando non è seduto sul carrello della sua barca. Perché come giustamente ha sottolineato il celebre psichiatra Vittorino Andreoli, ogni uomo nasce buono: a renderlo cattivo ci pensano poi l’esperienza e l’educazione.
Da oggi Luciano è entrato di diritto nel novero delle persone che ammiro. Non perché sia impavido. Anzi. Sfido chiunque al suo posto a non aver avuto paura. Sarebbe stato assurdo il contrario. Ma perché Luciano D’Agostino è ciò che aspiro a diventare: un canottiere. E i miei eroi assomigliano moltissimo a questo ragazzo. Quelli che la vita li può piegare nel fisico, ma non nello spirito. Sono i sognatori, quelli che cercano di rendere il mondo un posto migliore. Per tutti, non solo per se stessi.