Il 4 con del Posillipo che salì in barca alla neozelandese e finì in acqua alla napoletana

Secondo il neozelandese Nathan Cohen, oro a Londra 2012 nel doppio, il canottaggio è uno sport molto semplice: consiste nell’andare dal punto A al punto B il più velocemente possibile. Tuttavia, trascura un aspetto fondamentale: sulla barca bisogna prima salirci. Spesso, infatti, si pensa che la parte più complessa di questo sport sia il ciclo di voga. Non è così: il momento più delicato è salire in barca.

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Ma la “dimenticanza” di Cohen è volontaria, perché per quelli come lui salire in barca non è un problema, ma uno spettacolo. Infatti, nell’evoluta cultura remiera da cui proviene, si salta in barca in barca con un piede, mentre l’altro spinge il pontile per allontanarsi. Questa tecnica viene chiamata “salita in barca alla neozelandese”.

Il 4 con del Posillipo

Ed è qui che inizia la nostra storia. Protagonista è un giovane e arrembante equipaggio del Circolo Nautico Posillipo, composto da Mauro Mulazzani, Giuseppe De Vita, Gigi Ganino e Valerio Massimo. Timoniere Gaetano Iannuzzi. Era il 23 luglio del 2000 e a Piediluco stavano per andare in scena i campionati italiani assoluti. In realtà, quel Quattro Con non avrebbe dovuto nemmeno trovarsi lì.

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Il due senza neozelandese di Hamish Bond ed Eric Murray

Approfittando della presenza in zona dei suoi atleti, tutti nell’orbita della Nazionale, il Posillipo decise all’ultimo di mettere insieme un equipaggio, affidando quattro garibaldini (età media 19 anni) alle cure del “veterano” Iannuzzi, che si stava preparando per le Olimpiadi di Sidney con l’otto azzurro. «Nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di noi», ricorda Gigi Ganino. «Però nella nostra incoscienza volevamo lasciare un segno. Per questo, la sera prima, eravamo gasatissimi e decidemmo di salire in barca alla neozelandese».

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«Gaetano era stressatissimo», aggiunge Giuseppe De Vita. «Normale per chi, a un mese dalle Olimpiadi, doveva gestire quattro scapestrati come noi. Infatti, quando lui era già col piede puntellato per chiamare il “fuori”, noi stavamo ancora perdendo tempo sul pontile». Forse fu l’ansia, la fretta di scendere in barca per dimostrare il proprio valore. Successe tutto in un attimo. Quando Iannuzzi chiamò il fuori, l’equipaggio del Quattro Con del Posillipo salì alla neozelandese e si ritrovò col culo nell’acqua tra le risate generali del pubblico. «Che figura di mer… se ci penso mi viene ancora da ridere!», commenta lo stesso Iannuzzi.

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«Nell’entusiasmo generale, ci dimenticammo di chiudere gli archetti dispari», spiega l’allora capovoga Mulazzani. «La colpa fu mia e di Gigi. Però riemergemmo agevolmente, visto che non avevamo nemmeno le scarpette allacciate». «Cademmo in acqua perché volemmo fare gli splendidi», sottolinea Valerio Massimo. «Ma oltre a un gran tuffo, facemmo pure una bellissima gara». «Le nostre erano sempre grandissime gare», aggiunge Mulazzani. «perché a differenza di molti altri, ai quali lo stipendio arrivava ugualmente il 27 del mese, noi lo facevamo con cuore, grinta e soprattutto gratis. Noi del Posillipo eravamo sempre in selezione. Ogni allenamento era come una gara. Ma comunque fu un bagno portafortuna».

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Eh già, perché nonostante “l’incidente”, l’equipaggio non si scompose più di tanto. In gara, il loro Quattro Con tagliò il traguardo in seconda posizione, dietro le Fiamme Gialle, aggiudicandosi però il titolo societario. La rivincita se la presero l’anno dopo, quando lo stesso equipaggio (con Francesco Gabriele al posto di Gigi Ganino) schiantò le Fiamme Gialle di Paolo Loriato, Andrea Rebek, Gabriele Benincà, Valerio Pinton e del timoniere Vincenzo Di Palma. Quel titolo italiano assoluto interruppe il “digiuno” di vittorie del Posillipo, che a livello senior durava da 12 anni.

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