Seduto sulle spalle di un gigante

Le vie del canottaggio sono indefinite. Almeno per me. Perché il mio rapporto con l’arte del remo è basato su due elementi: caso e caos. Ma durante un pomeriggio qualunque, mi sono seduto sulle spalle di un gigante e ho visto lontano, al di là del mio anagramma.

rema-per-vivere

A darmene l’occasione è stato Mario Palmisano che, oltre a un posto in prima fila sui suoi dorsali, mi ha permesso di provare una delle sensazioni più belle che questo sport ti possa regalare: competere con gente forte.

Seduto sulle spalle di un gigante

Carlson Gracie, atleta e coach di Jiu Jitsu, diceva che se vuoi essere un leone, devi allenarti con i leoni. Nonostante gli anni, un girovita non più al top e un ginocchio a mezzo servizio, Mario Palmisano ruggisce ancora. Fortuna che sono abbastanza pazzo da sedermi accanto a un campione del mondo, già primatista sul remoergometro, con l’idea di stargli incollato. Lui sorride, ma negli occhi gli leggo “Peppì, mo t facc n’o mazz a tarall”.

Una tipica sessione di allenamento da "spaccati" di Gigi Ganino (a sinistra) e Mario Palmisano (a destra)

Citando lo scrittore Ian McEwan, nella vita di ognuno di noi non ci sono molte alternative se non quella di misurare se stessi rapportandosi agli altri. Ed è una cosa incredibile quando, ogni tanto e in modo del tutto involontario, arriva qualcuno che ti insegna qualcosa sul tuo conto. A me è successo così. Le note di Cerrone animano l’ambiente, mentre Mario mi spiega il lavoro che faremo. Siamo solo all’inizio, ma è in quel momento che i miei pensieri diventano cupi e violenti. Ed eccole che arrivano, le mie voci di dentro.

soffrire

Nella mente di ogni atleta c’è un demone. E ogni volta che ti alleni ti urla contro. Ti dice che non sei abbastanza forte o bravo. Ti spiega che tanto non ce la farai comunque, quindi perché continuare soffrire, invece di tornare a casa a guardare la Tv? Il sudore mi fa bruciare gli occhi. Non riesco a tenerli aperti. Ma in un lampo di lucidità vedo balenare sulla maglietta di Mario la scritta Beat It. Sconfiggilo. Ogni colpo che tiro, il demone urla più forte. Ogni colpo diventa una lotta per ricacciarlo indietro.

beat-it

«Dai che ci siamo». Stavolta a gridare è Mario. Quando non sei solo, è più facile schiacciare quel demone e usare le persone intorno a te per spingerti oltre la fatica. Anche se battuto da un avversario nettamente superiore, mi sento un vincente. Non mi sono sottratto al confronto. Ho lottato, alzando l’asticella dei miei limiti. Sono sudato come uno che ha fatto un tuffo in piscina. Mi sanguina la mano destra ed entrambe mi tremano per lo sforzo. Come le gambe, quando mi alzo. Riflesso in una vetrata lo vedo, il mio demone, che sorride e mi dice “tanto ci vediamo domani”.

sudato

La voce di Mario mi richiama dai miei pensieri. Non abbiamo ancora finito. Ci aspettano ancora trenta minuti di circuito. Mentre prepara gli attrezzi mi da le spalle e la vedo di nuovo: Beat It. Sconfiggilo. Lui non lo immagina, ma oggi sono un vincente, perché su quelle sei lettere stampate sulle sue spalle mi ci sono seduto. E da questa nuova altezza ho guardato il mio demone dritto negli occhi e gli ho detto: «Tu pensi che io sia debole. Io, invece, penso che ti sbagli».

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