Nel canottaggio i conti non tornano mai

Non avevo mai associato la matematica all’arte del remo, almeno fino al giorno in cui Mario Palmisano si è avvicinato al mio remoergometro e mi ha detto: «Peppì, me lo fai un favore? Smettila di contare». Così, all’improvviso, mi sono reso conto che quando sono sull’infernale attrezzo passo più tempo a fare equazioni con i numeri del display che a remare.

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E’ inevitabile, non ne possiamo fare a meno: ogni volta che ci siediamo su quel carrello dobbiamo contare. Qualunque cosa: i secondi, i metri, i colpi al minuto, le ripetizioni. Ogni singolo elemento numerico presente sul display viene moltiplicato, sottratto, frazionato dalla nostra mente.

I conti? Nel canottaggio non tornano mai

C’è una grande sicurezza che ci viene data dai numeri, perché uno dei migliori pregi che ho riscontrato nella matematica è la sua libertà. Non mi sono mai sforzato di capire come funzionino le cose all’interno di questa materia, più semplicemente mi ci sono abituato. Come nel canottaggio. E così contiamo. Colpo, dopo colpo, dopo colpo. In un primo momento può essere anche utile. Dieci colpi. Un centinaio di metri più vicino al traguardo. E questo è tutto. Poi inizi a prenderci gusto, perché frazionare la distanza in blocchi più piccoli ti fa sembrare il lavoro più gestibile.

soffrire

La verità è che il gioco dei numeri ti può distruggere. Non solo fisicamente. E di solito avviene sempre dopo la prima ripetizione. Perché adesso hai un tempo di riferimento sul quale costruire tutto il tuo allenamento. Riparti, ma i numeri sono più alti di prima. Così, dici a te stesso di tirare dieci colpi più forte. Uno, due, tre. Ma poi che cosa succede? Ti rendi conto che non puoi mantenere a lungo la velocità cui stai andando. Senza nemmeno accorgertene stai già iniziando a rallentare, perché dopo quei dieci colpi ne mancano almeno un altro centinaio all’arrivo.

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Allora la tua strategia cambia. Non si rema più all’attacco, ma in difesa. Parola d’ordine: limitare i danni. I tuoi numeri di riferimento non sono più i metri, ma la media-tempo. Alzi i paletti di qualche secondo e stringi i denti. Perché, ripetizione dopo ripetizione, non è più un assalto all’arma bianca. Ora siamo in trincea. Iniziamo ad essere sopraffatti e il dolore alle mani e ai muscoli diventa opprimente, ma dobbiamo andare avanti. E così facciamo: resistere, resistere, resistere.

Extreme-Drive

A metà lavoro i parametri cambiano ulteriormente. La media ha perso interesse, la tua mente fissa il conto alla rovescia dei numeri che segnano quanto manca all’arrivo. Ed è la parte peggiore. Hai gli occhi che bruciano a causa delle gocce di sudore che scendono dalla fronte. Sei curvo come un sacco, le braccia non sono più tese come dovrebbero, hai il capo chino e incassato nelle spalle, mentre il tuo allenatore dal fondo della sala tuona: «Alza la testa, guarda avanti, si fiero di quello che stai facendo». Peccato che non hai sentito una parola. La mente è tutta su quei numeri che scorrono, ma non velocemente come vorresti.

Remoergometro-(2)

Sul remoergometro, il motivo per cui la maggior parte delle persone si arrende, è perché tende sempre a guardare quanto lontano sia ancora l’arrivo, invece di guardare quanto lontani si è già arrivati. Avete mai fatto caso a come il tempo magicamente rallenti, fino quasi a fermarsi, ogni volta che guardiamo l’orologio? E’ incredibile quanto siano lunghi dieci secondi quando vorresti essere altrove. Ed è per questo che nel canottaggio i conti non tornano mai: perché al di là di tutto, tu sei molto di più di un numero che compare sullo schermo.

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