23 maggio. Ricordiamo Giovanni Falcone, il canottiere

«L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, ma saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, ma incoscienza». Giovanni Falcone non era un eroe. Naturalmente era molto di più.

Giovanni Falcone (18 maggio 1939- 23 maggio 1992)
Giovanni Falcone (18 maggio 1939- 23 maggio 1992)

Grazie al suo lavoro, alla fine del Maxiprocesso di Palermo iniziato nel 1986 e terminato il 31 gennaio del 1992 con la sentenza della Cassazione, lo Stato Italiano riconosceva ufficialmente (per la prima volta dopo 130 anni) un’organizzazione criminale nota come mafia e che la stessa costituiva una sfida mortale al suo diritto a governare.

Giovanni Falcone, il canottiere

Tuttavia, il 23 maggio dello stesso anno il magistrato simbolo della lotta alla mafia veniva ucciso nell’attentato noto come la strage di Capaci. Con lui, persero la vita la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito SchifaniRocco Dicillo e Antonio Montinaro. Oggi, a distanza tanti anni, il suo messaggio è più vivo che mai: «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». Oggi non vi racconterò la storia del Giudice Falcone, ma quella di Giovanni il canottiere.

I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Non tutti sanno, infatti, che Giovanni Falcone era un canottiere presso il Club Roggero di Lauria di Palermo. La verità è che non lo sapevo nemmeno io. Almeno fino a quando la mia strada si è incrociata con quella della canottiera Raffaella Ricci. Lavorando all’ufficio stampa Rizzoli, alcuni anni fa Raffaella ha conosciuto Maria Falcone, sorella del magistrato, che con la casa editrice ha pubblicato il libro (scritto insieme a Francesca Barra) Giovanni Falcone, un eroe solo.

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Tra le pagine di questo volume, Maria Falcone ha ricordato l’amore di Giovanni per l’arte del remo: «Anche nello sport mio fratello ebbe sempre il suo tipico approccio, concreto e focalizzato sul raggiungimento del risultato. Dall’inizio del ginnasio fino al concorso in magistratura praticò diverse attività sportive con molta costanza, sebbene avesse dovuto abbandonare l’agonismo a causa di un infortunio nel 1956. Si era dedicato al canottaggio, frequentando la Canottieri Palermo, durante tutti gli anni dell’università. E si prese soltanto due pause dagli allenamenti, una per laurearsi e un’altra per il concorso in magistratura». 

Giovanni Falcone, canottiere, in doppio canoe (a sinistra). Foto da il Giornale di Sicilia 30/4/1994
Giovanni Falcone, canottiere, in doppio canoe (a sinistra). Foto da il Giornale di Sicilia 30/4/1994

«Anni dopo, il suo compagno di doppio mi confidò che, ogni volta che perdevano una gara, Giovanni si domandava: “Che cosa abbiamo sbagliato? Che cosa avremmo dovuto fare per evitare l’errore?”. Questo era un tratto caratterizzante di mio fratello: cercava sempre di migliorarsi. Se voleva raggiungere uno scopo, era per lui cruciale scegliere il metodo giusto e impegnarsi al massimo. Come nel canottaggio, così nella vita, e nel suo lavoro». Non dimentichiamolo mai.

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