Quando sei in barca o sul remoergometro e stai tirando come un dannato, la mente e il corpo collaborano al massimo per i primi 10 colpi. Poi, ognuno va per la sua strada. E tu inizi a domandarti: quale dei due devo seguire?
All’inizio, credevo che lo strumento più importante per un canottiere fosse il fisico. Ci sono voluti due anni di cazziate per capire l’errore. E durante un solitario allenamento, alle 7.40 del mattino, il remoergometro mi ha mostrato che quello di cui ho bisogno non è nelle braccia, nelle gambe o nella schiena. No. L’acciaio è nella testa.
Si può dare (di stomaco) di più
A metà di un lavoro ad alta intensità, infatti, mi è successa una cosa straordinaria: ho dato di stomaco. Quello che sembrava un innocuo “ruttino”, si è dimostrato essere qualcosa di più. E’ stata la prima volta. E’ stato un attimo. E’ stato bellissimo. Perché finalmente mi ha fatto comprendere che nel canottaggio c’è chi da tutto e chi, invece, molto di più.
D’altronde, Mario Palmisano mi ha sempre detto: «Peppe non è quante volte ti alleni, ma come lo fai. Preferisco vederti due volte la settimana a fare quello che dico io, come lo dico io, piuttosto che tutti giorni a fare quello che ti viene meglio». Sarebbe? «O’strunz». Chiarissimo. E così sto facendo. Perché ho scelto di seguire la testa. Adesso è lei che comanda, con il resto del corpo aggrappato ai capelli.
Anche se le vecchie abitudini sono dure a morire. Perché mentre tremi e ti asciughi la bocca, l’idea di fermarti sembra la cosa più sensata da fare. Poi, però, guardi i numeri del display salire. E pensi “peccato, stavo andando forte”. Così, all’improvviso, nella testa si fa strada un ricordo. Anzi, un insegnamento. Sono le parole di Gigi Ganino: «Peppe quando fai un lavoro, prima o’ finìsc e poi puo’ muri’. Se vedi che non ce la fai più, devi tirare fuori la cazzimma».
Così riparti e inizi a martellare. Colpo su colpo. Senza pensare alle conseguenze. Anche se, citando il Conte Nudo, il tuo stesso tornare a casa dipenderà dal vento. Guardi quei numeri tornare giù e porti a termine il lavoro. Peccato che non ci siano testimoni della tua impresa. In questo momento, quelle di Palmisano e Ganino sono braccia rubate a sostenere me che svengo. Ma non ci posso fare niente. E’ il destino di un canottiere, quello di trovare l’epica con il lanternino.