Canottaggio: cosa ho imparato, cosa imparerò

Ci sono momenti nella vita di un canottiere in cui è necessario fermarsi per fare un bilancio e capire cosa stai facendo, come lo stai facendo e dove stai andando. Crisi esistenziale? Non proprio.

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Alcune circostanze ti spingono verso riflessioni importanti, frutto delle esperienze accumulate. Qualcuno una volta ha detto che si impara a vivere quando non serve più a niente. Spesso è così. Però, è anche vero che condividere la propria conoscenza è un dovere, specialmente quando si tratta di saggezza nata dall’esperienza personale.

Cosa ho imparato, cosa imparerò

Nella mia breve vita da canottiere ho imparato tanto. Non solo sull’arte del remo, ma anche sulla natura umana. In primo luogo, a rispettare il mio allenatore, i miei compagni e i miei avversari. Era già un valore acquisito, naturalmente, ma iniziare a fare canottaggio alla mia età significa ascoltare davvero chi ti sta davanti. Perché in ogni dialogo o cazziata può nascondersi una svolta per il tuo futuro. Ho imparato che il canottaggio non è duro, ma spietato. Che è uno sport solitario, ma non per uomini soli. E soprattutto non si inventa.

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Ho capito che l’acciaio non è nelle gambe, ma nella testa. E quando non ce la fai più devi tirare fuori la cazzimma. Ho scoperto che nell’arte del remo i conti non tornano mai e che ci spezziamo la schiena per un centimetro di gloria, davanti alla prua della nostra barca. Che esistono i giorni sì, ma che sono più numerosi quelli no. Perché nel canottaggio ci vuole pazienza. Ho compreso che il mondo è piccolo, ma quello del canottaggio ancora di più. Che ci sono i canottieri, ma anche la gente che rema. Ho capito che nell’arte del remo siamo tutti uguali, ma alcuni sono più uguali di altri. Che non bastano due per fare una coppia e che Madre Natura è una puttana. E non ci puoi fare niente.

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 Ho compreso che in questo sport si può essere un vincente, anche senza vincere. E che l’importante non è essere alti, ma all’altezza. Ho scoperto come ci si deve “infilare in un tubo” e che alla fine del tunnel non vedrò la luce, ma la faccia di Gigi Ganino che mi grida: “Peppì, l’acqua te le ì a rubbà”.  E ho imparato a non finirci più dentro, all’acqua, anche se ogni volta che salgo in barca mi sento come un mucchietto di neve in un mondo col sale in mano (cit. Franco Arminio).

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Malgrado le apparenze, sono convinto che il canottaggio sia uno sport per sognatori. Altrimenti non lo avrei scelto. Però, ho imparato anche che per correre dietro ai propri sogni ci vuole un fisico bestiale. Perché se vogare fosse facile, lo farebbe chiunque. Invece, tutti possono remare, ma non tutti possono essere un canottiere. Credo comunque che i sogni vadano conservati, perché non si può mai sapere quando ne avrai bisogno. E che nonostante ci provino in tanti, nessuno può domare un sognatoreAlla fine, però, la cosa più importante che ho capito è che quando sono in barca sono felice. E quando sei felice, non hai bisogno di sognare.

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