Canottaggio: lasciala andare

Determinazione e ostinazione sono due cose molto diverse. E nel canottaggio, come nella vita, le onde non puoi sempre tagliarle di punta. A volte sarebbe più saggio assecondarle. Cosa che continuo a non saper o voler fare.

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Tuttavia, quello che non avevo ancora capito, e che l’amico Raffaele Mautone è riuscito a insegnarmi durante un’uscita in singolo, è che prima di essere uno sport di forza, resistenza ed equilibrio, il canottaggio è uno sport di resa.

Lasciala andare

Non si prepara una gara come il SilverSkiff in dieci giorni. Eppure lo abbiamo fatto. Perché uno dei miei problemi più grandi è che ho un’idea troppo romantica delle cose che possono farmi del male. E lui mi vuole troppo bene per non assecondare le mie follie. «Smettila di contare i colpi, conta i respiri!», mi dice dal catamarano. Finché respiri, va tutto bene.

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E proprio durante i nostri allenamenti mattutini ho imparato molte cose sul canottaggio, ma soprattutto su me stesso. La più importante è questa: arrendermi. Me lo ha detto all’improvviso, quasi sussurandolo, con due semplici parole: «Lasciala andare». Ed è una cosa completamente nuova per me, abituato ad aggrapparmi e a stringere tutto. Troppo forte, più del necessario. In barca, come nella vita.

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Secondo Hermann Hesse, alcune persone pensano che aggrapparsi alle cose le renda più forti, ma a volte si necessita di più forza per lasciare andare che per trattenere. Nel canottaggio funziona allo stesso modo. «Quando senti che la barca cade di lato, non la contrastare. Assecondala», mi dice. Perché nella resa lasciamo che le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente. E’ in quel momento che il nostro colpo in acqua ci riporta in equilibrio.

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E il canottaggio è una perfetta metafora dei rapporti umani. A volte, perché una barca possa andare rapida e sicura, devi lasciarla andare. Bisognerebbe saper fare la stessa cosa con le persone. Perché stringendo troppo si rischia sempre di far male a qualcuno. La lezione è chiara, ma non so se sarò mai in grado di applicarla. Così, sorrido alla mia barca e prima di ripartire le sussurro dolcemente “Ti dispiace se restiamo in bilico ancora un po’?”

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Un commento

  1. Aggiungo solo una parola che ero costretto ad urlare “ascoltala, ascolta la barca” e poi tacevo, e piano piano, colpo dopo colpo, tutto l’equipaggio ritornava a respirare e la barca andava…

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