Lasciate che qualche volta anche i buoni vincano

C’è finalmente una bella notizia in questo mare di materia organica anfibia, comunemente detta merda, nel quale siamo costretti a navigare. Filippo Mondelli è stato operato con successo all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. Il suo osteosarcoma è stato rimosso e gli è stata applicata una protesi in titanio, che sostituisce la parte del femore malata.

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Insomma, il meno è fatto. E il “Pirata” di Cernobbio ha tutta l’intenzione di restare con i piedi ben piantati sulle nuvole. Perché come cantava il grande Augusto D’Aolio, la vita è proprio un film. Tutta una sorpresa. Tutta una tirata. Una storia infinita a ritmo serrato, da lasciarti senza fiato.

Cadrò, sognando di volare

Perché come sempre, quando ti aspetti qualcosa succede qualcos’altro. Per esempio, scoppia una pandemia planetaria senza precedenti, che fa slittare di un anno le Olimpiadi di Tokyo (cosa accaduta una sola volta nella storia per via di una guerra mondiale), cui eri stato costretto a rinunciare per problemi di salute. Insomma, neanche il tempo di metabolizzare la delusione che il destino cambia nuovamente le carte in tavola.

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Comunque, c’è sempre un “però” in ogni storia che si rispetti. E questa non fa eccezione: per correre dietro ai propri sogni ci vuole un fisico bestiale. Perché tra sognare e illudersi c’è una bella differenza. E non è cosa da poco. C’è una chemioterapia da portare avanti, almeno fino a dicembre, in questo tsunami che ci ha travolto. E deve andare tutto bene. Poi restano “solo” sei mesi per prepararsi come si deve a un 2000 metri di livello Olimpico. Insomma, non so cosa ci si possa aspettare da Filippo, se non qualcosa che assomigli a un miracolo.

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Ma nessuno può domare un sognatore e Filippo ha deciso di non mettere i suoi sogni in quarantena. Io lo ammiro sempre di più, ogni giorno che passa. E in questa pazza, assurda, impossibile impresa voglio essere al suo fianco. Perché mai come in questo momento credo sia necessario dare una chance anche alle cose impossibili. E in questa ennesima sfida gli servirà tanto coraggio o moltissima paura. E’ uguale. Perché ci saranno tante persone che proveranno a strattonarlo (a fin di bene) per tirarlo giù dalle nuvole, perché come tutti gli sport “pratici”, anche il canottaggio basa la sua esistenza su un principio fondamentale: il senso della realtà.

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Ma non importa. Ci sono cose che sai già come andranno a finire. Eppure le inizi lo stesso. Mi viene in mente un passaggio del bellissimo romanzo che Fabio Genovesi ha dedicato a un altro grandissimo atleta, Marco Pantani. “Cadi e non sai quanto male ti farai. Però se sopravvivi, se domani il Sole ti troverà di nuovo in piedi a disegnare un po’ di ombra su questo mondo matto, sai che sarai pronto a cadere ancora, ancora e ancora. Per un tempo che è di secondi e insieme anni, è una vita e tante vite tutte insieme, che per caso si incontrano, si intrecciano, si mescolano in una sola. Non sai quanto durerà né dove ti porterà. Sai solo che sarà così, che per mille volte sciagurate e favolose ancora tu cadrai, e io cadrò. Sognando di volare”.

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In ogni caso, nessun rimpianto. E al termine di questa avventura brinderemo insieme a tutte le volte che nella vita ci siamo detti “non ce la faccio più”. E poi, invece, ce l’abbiamo sempre fatta. Perché consapevoli che non esiste altra via che farcela. Sempre. E festeggeremo Filippo e tutti quelli che nella vita hanno fatto qualcosa di avventato e non se ne sono mai pentiti. Qualunque sia stato il finale. E solo allora, citando il poeta Alfonso Gatto, cadremo. Cadremo sempre fino all’ultimo giorno della nostra vita, ma sognando di volare.

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