Autocertificazione per la Fase 2 ovvero non sono positivo, ma nemmeno ottimista

Amo il canottaggio. Qualunque cosa significhi la parola amore. Autocertifico che il sentimento che gli porto è pesante, servono gambe e braccia resistenti, una schiena robusta e tanta forza di volontà. Questo amore piaga le mani e ogni tanto sei costretto a fermarti e respirare.

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Una volta ho letto che solo chi ama davvero il proprio sport capisce che l’allenamento più duro è il non potersi allenare. Perché il canottaggio non è qualcosa di teorico, su cui poetare e basta. Si alimenta di pratica.

Non sono positivo, ma nemmeno ottimista

Autocertifico la mia voglia e il bisogno di tornare a remare. Perché l’arte del remo non ha bisogno di fantasia. E’ materia da iperrealisti. Qui le parole sono solo ginnastica intellettuale. Utili per raccontare storie, riempire i silenzi o giustificare le assenze. Il canottaggio ama farsi guardare, e ce ne siamo riempiti gli occhi, ma vuole soprattutto farsi toccare. E ogni volta che esco in barca torno a casa con le mani gremite di appunti. Decine di storie, aneddoti e racconti che schizzano fuori ovunque. Dietro ogni metro percorso in acqua, ogni scemenza detta con i compagni, ogni “cazziata” presa.

Canottiere-mani

Sono un campione olimpico nel procrastinare le decisioni importanti e purtroppo non basta eseguire le cose che devi fare nel migliore dei modi. Devi farle anche al momento giusto. E sapersi contenere, cogliere l’attimo, individuare l’esatto istante in cui bisogna muoversi, è una delle cose più difficili da imparare. Invece, io appartengo a quella categoria di canottieri che remano sempre fuori tempo, anche quando sono a capovoga. In barca non sanno mai cosa fare, e infatti non fanno nulla, e le poche volte che ci provano fanno una cazzata.

Canottieri-rivalutano

Autocertifico il rapporto complicato che ho con il “tempismo”, che nel canottaggio, come nella vita, è tutto. D’altronde, solo io potevo decidere di tornare a remare dopo anni, proprio pochi giorni prima dello scoppio di una pandemia mondiale. E vista la mia totale incapacità di fare le scelte giuste al momento giusto, considero una botta di culo (per me, ma soprattutto per voi) l’essere diventato un giornalista che rema (o un canottiere che scrive) e non un artificiere.

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Anche se inizio a credere che il momento giusto non esista. Perché ora che il canottaggio sta per ripartire dopo il lockdown, il Covid-19 si è portato via anche il mio lavoro (e per fortuna solo quello), cambiando nuovamente le carte in tavola. Alla fine puoi fare tutti i calcoli e le previsioni che vuoi, ma poi il destino ti arriva addosso a valanga, lasciandoti in mezzo a una tempesta. Insomma, a volte fai la cosa giusta e te la pigli nel culo uguale manco avessi fatto quella sbagliata. Quindi autocertifico che no, non è andato tutto bene.

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Però, tutto quello che non ho sviluppato in tonicità muscolare, l’ho guadagnato in comicità. E non c’è niente che ti faccia sentire meglio di una risata. Perché con la serietà non si va da nessuna parte e noi non possiamo fare altro che continuare a muovere la nostra barca anche nell’uragano, gettando tutti gli atomi del nostro corpo allo sbaraglio. Procediamo così. Chi lo sa se in avanti, ma comunque si va, lungo il nostro cammino tutto storto. E a forza di andare prima o poi arriveremo da qualche parte. E niente sarà più come prima, sempre per colpa di un paio di remi.

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