L’invidia del mio miglior compagno di barca

Il canottaggio non migliora solo i corpi, ma anche le persone e i loro sentimenti. Nell’universo del remo, infatti, l’invidia non è un’emozione così negativa come si può pensare. Anzi. In questo sport, non solo è un’onesta ammissione di inferiorità, ma anche una sorta di lode e ammirazione nei confronti di chi suscita in noi tale sentimento.

canottaggio

All’interno della propria società di canottaggio, ognuno di noi ha trovato da tempo la fonte di questo turbamento interiore: il proprio allenatore, il nuovo arrivato, quello a cui riesce tutto, quello che vince sempre. Nel mio caso specifico, si tratta del mio miglior compagno di barca.

L’invidia del mio miglior compagno di barca

Lo invidio perché in barca fa numeri degni del circo Togni e il suo scafo non oscilla mai. Io, invece, per restare sulla barca devo incatenarmi al carrello. Lo invidio perché in pizzeria ordina una quattro stagioni con mozzarella di bufala, peperoni, salame piccante, wurstel, patatine fritte, caponata, acciughe, capperi, zola, speck, panna, salmone. E la digerisce. Io prendo una margherita, senza mozzarella e pomodoro. E sto male una settimana.

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Lo invidio perché può non allenarsi per mesi, ma il suo corpo resta acciaio. Io posso allenarmi per anni e il mio corpo resta una statua scolpita nella burrata. Lo invidio perché ogni volta che abbiamo una discussione in barca, so che ha sempre ragione lui. Lo invidio perché quando si piega per raccogliere qualcosa da terra, sul suo sedere non compare lo spacco delle chiappe, ma un secondo paio di addominali. Lo invidio perché andiamo ad allenarci in bicicletta insieme, ma lui ha due polpacci degni di Miguel Indurain, mentre i miei sono uguali a quelli di Benedetta Parodi. 

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Lo invidio perché io sono uno che ci prova. Lui è uno che riesce. Lo invidio perché per sollevare 70 kg. sulla panca gli basta respirare a fondo. Io devo urlare per trasformarmi in un Super Sayan e poi mi cago addosso. Lo invidio perché quando arriviamo in Canottieri, lui deve aspettare la barca Olimpica per uscire. Il mio mezzo invece è sempre pronto, accanto al cassonetto dell’indifferenziata. Lo invidio perché nel canottaggio siamo tutti uguali. Ma lui è più uguale degli altri. Lo invidio perché quando usciamo in barca, mi fa sentire Alessio Sartori.

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Nel suo divertente libro, L’audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache, Marco Marsullo scrive: «Gli amici non li scegli, chi dice il contrario non conosce la differenza tra una scelta e una fortuna. Una fortuna si trova e basta». E il mio migliore compagno di barca è anche la mia fortuna. Perché se dopo vent’anni di onesta inattività fisica sono tornato a remare, il merito è suo. Se è vero che ognuno di noi mostra quello che è dagli amici che ha, allora sono una persona fantastica. Abbiamo 70 anni in due, ma sembriamo due ragazzini delle medie. L’amicizia è l’unica cosa che ti aiuta a restare davvero giovane. A lei non la fotte nemmeno l’osteoporosi.

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