Pensiero stupendo: nasce un poco remando
Solitamente mi alleno su un fiume abbastanza stretto e l’intero corso d’acqua può essere percorso a piedi o in bici da entrambe le sponde. Considerando che nella città dove remo il canottaggio è abbastanza seguito, mi capita spesso a fine allenamento di avere a che fare con turisti che scattano foto o fanno domande. Molte domande. Spesso non proprio brillanti.

Qualche sera fa, dopo un allenamento abbastanza intenso, un uomo sulla quarantina mi si è avvicinato mentre stavo scendendo dalla barca per chiedermi: «A cosa pensi quando remi?».
Pensiero stupendo
Gli ho risposto: «Sono solo concentrato sul gesto tecnico, non ho tempo per altri pensieri». Però, a essere del tutto onesto, nell’istante stesso in cui le parole mi uscivano dalla bocca, sapevo che stavo mentendo. La verità è che non sapevo esattamente cosa rispondere. O meglio come rispondere. Perché trasformare in parole quello che mi passa per la testa quando remo non è semplice.
Sono sicuro che ogni canottiere viene letteralmente “colpito” da un serie di pensieri che si alternano durante tutta la sua performance. “A cosa pensi quando remi?”. Sì lo so, il gesto tecnico, le istruzioni dell’allenatore, non fare errori. Ma in realtà dove va la tua mente? Quando il dolore fisico e la fatica diventano insopportabili, il cervello cerca di farti fermare. Inizi ad avere pensieri negativi: “non ce la faccio” è il primo tra tutti, seguito da: “altri due colpi e mi fermo”.
Nei momenti più difficili, a volte mi è capitato di pensare: “ma perché mi tengono in squadra?”. In realtà, da scienziato (sì, è il mio lavoro) sono a conoscenza che questi pensieri sono solo un meccanismo di difesa che il cervello utilizza per fermare il dolore fisico. A volte mi sono chiesto se anche anche gli altri canottieri hanno questi pensieri. Alla fine dai conti, però, non importa quanto faticoso possa essere. Alla fine, riesci a concludere ogni allenamento.
Quindi, da qualche parte, nel mucchio di pensieri che ti travolgono ci deve essere un’isola felice a cui ti aggrappi per resistere al dolore e alla fatica. Durante gli ultimi 200m della mia ultima gara, quando ero veramente sfinito, mi è tornata in mente la prima volta in barca con il mio compagno di doppio. Per essere precisi, ho pensato alla birra gelata che ci siamo fatti subito dopo. Sì, ho concluso la gara pensando a una birra gelata che mi sono fatto 15 anni fa’.