Avviso ai naviganti: il canottaggio siamo noi

Tutti gli uomini sono protagonisti della storia. Tuttavia, solo le vicende personali di pochi vengono raccontate. Anche in questo, il canottaggio non fa eccezione. Una discriminazione inevitabile, alla quale nel mio piccolo sto cercando di porre rimedio. Anche perché sono convinto che lo straordinario sia solo una questione di punti di vista.

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Personalmente, concordo con il filosofo libanese Khalil Gibran quando dice: «Le tartarughe potrebbero raccontare, delle strade, più di quanto non potrebbero le lepri». Ecco perché ho deciso di andare alla scoperte delle storie di chi “rema nell’ombra”. Perché il canottaggio siamo noi.

Il canottaggio siamo noi

Il popolo del remo, infatti, non è composto solamente da atleti che indossano la maglia azzurra e si coprono di gloria nei campi di regata più prestigiosi del mondo. Esistono persone, e sono la maggior parte, grazie alle quali il canottaggio vive ogni giorno, a prescindere dalle telecamere di RaiSport o dalla poca attenzione che i media italiani riservano a questa straordinaria disciplina.

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Sto parlando di uomini, donne, ragazzi e ragazze che “rubano” il tempo al loro lavoro, alla famiglia e agli amici, allo studio per fare di questo sport la loro passione. Persone “normalmente” straordinarie che, dopo aver passato in rassegna ogni disciplina possibile e immaginabile, hanno deciso di fermarsi al canottaggio. E in questo caso chi si è fermato non è si perduto, ma è semplicemente arrivato.

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