Figli di un canottaggio minore

È incredibile quello che si può imparare da un canottiere. Anche se le sue mani sono vuote, ti porta sempre in dono qualcosa: la sua storia. La leggi tra le righe dei suoi palmi. Là, dove i calli sembrano metterci un punto.

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Mi piace raccontare la vita di chi ha segni sulle mani e sogni negli occhi. Di dare voce ai reietti. Perché per quanto il mondo del canottaggio possa apparire idilliaco, il male esiste. Anche qui.

Figli di un canottaggio minore

La storia di Luigi Magnano (potete leggerla qui) è un esempio di come uno sport tanto nobile spesso sia gestito da persone inadeguate. Perché prive di anima. Nella visione romantica che ho dell’arte del remo, ci dovrebbe essere spazio per tutti. Nessuno escluso. Nemmeno per i figli di un canottaggio minore. Perché se fossimo tutti dei campioni, allora non lo sarebbe nessuno.

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La prima volta che ho conosciuto Gigi Ganino, gli dissi che come canottiere non ero granché. Lui rispose: «Peppì senza i canottieri scarsi, non ci sarebbero nemmeno quelli forti. Sei il benvenuto». Perché un bravo allenatore è così, lo riconosci a prima vista. Non ti chiede di cambiare, ti fa venir voglia di farlo. A qualunque livello, sia Master sia dove l’agonismo è di casa.

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Una volta il talento non bastava. Adesso è molto peggio. Non conta. Il celebre allenatore di football Vince Lombardi diceva che non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi. Nel canottaggio non funziona così. Qui importa eccome. Perché spesso si cade anche di proposito. Solo per vedere qual è la prima mano che si offre di farti rialzare. E si spera sempre che il braccio teso sia quello del tuo allenatore.

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Marco Olmo, specialista di maratone estreme, mi perdonerà se prendo in prestito le sue parole, declinandole nel mondo dell’arte del remo. Nel canottaggio, gli ultimi non sono meno degni dei primi. Anzi, per certi aspetti lo sono di più. Arrivano in fondo, remando più tempo di quelli che sono in testa, anche se sanno fin dall’inizio che non avranno mai una medaglia al collo. E c’è chi ha l’ardore e l’ardire di consigliare a questi ragazzi di smettere.

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“Tutti sono utili, ma nessuno indispensabile” è una delle frasi più stupide che abbia mai sentito. Provate ad allenare, utilizzando il 2% del cervello e il 98% del cuore. E vedrete i risultati. Forse è vero, i figli di un canottaggio minore non saranno mai insostituibili. Ecco perché hanno scelto di diventare indimenticabili.

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