We can be champions, just for one day

Coronavirus: qualcosa di infinitamente piccolo, invisibile. Non è nemmeno un essere vivente bensì “un microscopico aggregato di materiale biologico” che sta mettendo in ginocchio l’organizzazione della vita così come concepita da gran parte del genere umano. Questa cosa tanto piccola ha fermato quasi tutto. C’è paura per la vita dei propri cari e per la propria, c’è grandissima incertezza circa il “dopo”.

La mitica rivista Canottaggio, remo e pagaia
La mitica rivista Canottaggio, remo e pagaia

Si è fermato anche lo sport: da quello professionistico che fa girare milioni a quello olimpico, a quello dilettantistico. Le Olimpiadi di Tokyo sono state rimandate di un anno, chi può continua a tenersi in forma in maniera autarchica e con parecchia inventiva.

We can be champions, just for one day

In queste giornate gli eroi effimeri, ad esempio quelli che tirano calci ad un pallone, sono stati sostituiti da eroi autentici che passano le giornate e le nottate a tentare di guarire altre persone, spesso pagando con la propria stessa vita. La raccomandazione da parte dei governanti, seguita dai più, è di restare a casa: la vita all’improvviso si trasforma in un “limbo” dove la propria abitazione, piccola o grande che sia, pur continuando a rappresentare un nido protettivo rischia di assumere anche le sembianze di una gabbia. Chi rimane a casa ne approfitta per fare bilanci, progetti, guardare film, leggere, ritrovare magari qualcosa di vecchio che si era lasciato in fondo ad un cassetto in attesa di avere il tempo per riesaminarlo. In fondo al mio cassetto ho ritrovato alcuni numeri di Canottaggio remo e pagaia, rivista ufficiale della Federazione Italiana Canottaggio da tempo rimpiazzata dal sito federale “canottaggio.org”.

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Una volta, senza Internet, era difficile alimentare certe passioni perché le informazioni che giravano su carta riguardanti uno sport “di nicchia” come il canottaggio erano davvero poche: la stampa, come avviene tuttora, dedicava pochissimo spazio ai così detti sport minori, a volte si recuperava qualche trafiletto e lo si conservava religiosamente. Ecco perché quando per posta arrivava Canottaggio remo e pagaia per me era una festa: finalmente articoli tecnici, o semplicemente aneddotici, riguardanti il mio sport preferito. E poi c’era l’allegato, su carta gialla, che riportava i risultati delle regate con relativi riscontri cronometrici. Così ho cominciato a sfogliare riviste e allegati e ho ritrovato foto in bianco e nero di grandi atleti, ora avanti con gli anni, i manifesti col motto “Il vento nelle tue braccia” caro al Presidente D’Aloja, i risultati delle mie e delle altrui regate.

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L’otto del Napoli, il secondo dal basso, impegnato ai Campionati Italiani in tipo regolamentare disputati il 19 maggio 1974 a Trieste: si classificherà al quarto posto dopo FF.AA. Sabaudia, Squadra Navale Taranto e CUS Pavia.

Ho remato solo per un paio di stagioni, ho gareggiato poche volte e pochissime ho vinto, sono stato un canottiere mediocre e continuo ad esserlo da master. Tuttavia, con mia grande sorpresa e con quarantasei anni di ritardo, ho scoperto che almeno una volta nella vita sono riuscito a battere autentici campioni! Era il 10 marzo del 1974 e la prima tappa della “Coppa Inverno” organizzata dal Comitato Campano della FIC era una gara di fondo di 5.000 metri che si sarebbe svolta nel golfo di Napoli: da Riva Fiorita fino alla colonna spezzata di Via Partenope. Un percorso meraviglioso che, dopo la partenza ai piedi dell’edificio da anni noto come “Palazzo Palladini” nella fiction Un posto al sole, transita davanti lo storico Palazzo Donn’Anna ed il Circolo Nautico Posillipo, supera Mergellina per costeggiare il lungomare Caracciolo e concludersi d’avanti Castel dell’Ovo. Lo stesso campo di regata che sul percorso ridotto di 1.000 metri ospita tuttora la Coppa Lysistrata.

I risultati delle gare di quell'anno
I risultati delle gare di quell’anno

La gara era a cronometro, con partenze scaglionate come avviene ancora oggi nelle regate di fondo e prevedeva, salvo durante la partenza ed il “serrate” finale, che non venissero superati i 24 colpi al minuto altrimenti i giudici di gara avrebbero applicato penalizzazioni. Ero al primo anno senior, avevo da poco compiuto 18 anni e mi ero iscritto al primo anno di giurisprudenza. Marcello James, allenatore del Circolo Canottieri Napoli, aveva assemblato un otto composto da atleti esperti come Franco Vettura, Nicola Daniele, Franco Del Gaudio, Nino Castaldo (papà di Matteo), Agostino Musco, Manlio Bulgarelli, Enrico James. Io ero il meno “skillato”, tuttavia l’allenatore mi aveva concesso questa chance, collocandomi a centro barca (e non certo perché in vasca-voga avevo spezzato un remo). Al timone Eduardo Pellegrino. Era marzo, c’era il sole ma faceva freddo, il mare era perfetto per una barca stabile come l’otto jole. Gareggiammo e vincemmo col tempo di 18’23”, precedendo il CRV Italia col quale, nel corso della stagione, ci saremmo incrociati diverse altre volte. A giugno i due equipaggi, senza il sottoscritto, si sarebbero fusi dando vita ad un otto che fu secondo al Trofeo delle Regioni di Torino e che avrebbe partecipato alla regata internazionale di Orio, in Spagna riuscendo a battere Oxford, Cambridge ed una selezione locale sulla distanza dei 500 metri.

Il doppio Francesco Esposito (prodiere) e Michelangelo Crispi ai mondiali di Indianapolis del 1994. Prima volta di un doppio pl a un mondiale
Il doppio Francesco Esposito (prodiere) e Michelangelo Crispi ai mondiali di Indianapolis del 1994. Prima volta di un doppio pl a un mondiale

Terzo classificato un altro equipaggio del Napoli composto da atleti juniores che poi avrebbe vinto il titolo italiano di categoria: a bordo tra gli altri il forte Franco Crevatin prematuramente scomparso qualche anno fa. Quarto classificato lo Stabia. E qui viene il bello! A bordo della barca stabiese, con al timone Nicola Acanfora, c’erano Enrico La Mura, fratello del mitico Dottor Giuseppe, Mario Cinella, Alfredo Acanfora, Paolo Scarpato, Ottavio Paonessa (papà di Mario olimpionico a Rio) e, a seguire, Antonio Lapadula (papà di Livio tre volte campione del mondo), Andrea Coppola e Francesco Esposito. Coppola e La Padula, dopo una significativa carriera da canottieri, sono diventati affermatissimi tecnici di canottaggio rivestendo incarichi federali in seno alla Nazionale azzurra. Quanto a Ciccio Esposito, dopo quella regata ha vinto qualcosa come nove titoli mondiali, l’ultimo a 39 anni, oltre innumerevoli altri trofei nazionali ed internazionali. Non so voi, ma sapere di aver battuto tali icone del remo azzurro mi ha emozionato e inorgoglito anche se non mi farà tornare indietro per cogliere, sportivamente parlando, fiori che non colsi al momento opportuno, forse per non averci creduto fino in fondo.

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