Come quando remi

Pensieri in ordine sparso. Come quando remi. Una domenica mattina, una barca, quattro compagni. In acqua puoi permetterti di stare in pace per qualche ora. Senza pensare a quello che succede nel resto del mondo. Senza pensare a niente. Ma soprattutto senza sentirti in colpa. Solo perché sei ancora vivo.

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Io scivolo sull’acqua, guardando la schiena del mio capovoga. E penso, come quando remi, che il mondo è stato nuovamente travolto dalla violenza. Ma non voglio farmi sommergere dall’onda di emotività che porta con sé pensieri negativi, che incitano all’odio e istigano alla violenza. Fisica e verbale.

Come quando remi

La voce del mio capovoga mi riporta al presente. Sente che qualcosa non va. Mi dice che i remi non sono armi. Non servono per combattere l’acqua, ma per accarezzarla. Come se fosse una donna. Il canottaggio non è una battaglia. E’ un corteggiamento. E noi siamo qui per fare l’amore. Così mi ricorda che amo questo sport perché mi ha salvato la vita. La verità è questa. Prima di incontrare l’arte del remo ero in guerra. Adesso non sono più in conflitto con me stesso.

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Però combatto ancora. Ogni giorno. Lotto contro i miei limiti, fisici e mentali. Contro i miei sentimenti negativi. Contro l’ignoranza e la paura. La mia e quella degli altri. Contro i miei pensieri. Contro chi vuole il degrado della mia umanità, spezzando le vite degli altri. E io sono in ginocchio davanti alle atrocità che ogni giorno accadono intorno a me, indipendentemente dai chilometri che ci separano, dai luoghi in cui avvengono, dall’etnia o dalla religione delle persone che ne restano coinvolte.

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Sono piegato sotto il peso di tanto dolore, che genera solo altro odio. Ma grazie all’arte del remo sono in grado di sopportarlo, senza spezzarmi dentro. “Insieme! Dobbiamo diventare un tutt’uno con la barca”, ci incita Raffaele. Io ascolto gli aneddoti di Giovanni, dietro di me, e le battute di Leo, il nostro prodiere, sempre pronto a sdrammatizzare ogni guaio tecnico che capita alla nostra barca. Partecipo alla vita di bordo e sorrido. Come quando remi.

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Le lezioni di vita più importanti le ho imparate in barca. E il canottaggio è magico, perché ti sorprende sempre, regalandoti emozioni nuove. Che splendida immagine, quella di un equipaggio che si muove all’unisono, nonostante le differenze di ognuno dei suoi membri. Ha ragione l’amico Pasquale Panzarino, sarebbe proprio bello se il mondo fosse come il canottaggio. E’ su questo pensiero che trovo la forza di rialzarmi, con la consapevolezza di voler vivere al meglio la vita, senza danneggiare quella degli altri.

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Non sono un esperto di politica internazionale, un filosofo o un predicatore. Ma solo un ragazzo che voleva essere un canottiere. La vita è una lotta quotidiana e voglio essere libero di amare e odiare. Ma come un uomo vero. Anche se il futuro fa paura. E non parlo dei prossimi anni o semplicemente di domani, ma dell’attimo in cui rimetterò il piede sul pontile e tornerò al mondo reale, dove quel senso di colpa è lì ad aspettarmi. Ma forse la felicità sta tutta qui. Nel saper vivere il presente. Nonostante tutto il male che ti circonda. E io sono felice. Come quando remi. Perché sono ancora vivo. Perché sono ancora umano.

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